Come nascono le illustrazioni per un libro per l’infanzia? E come si lavora per un activity book edito da un editore straniero, oppure su un classico come Gianni Rodari? Per saperlo, abbiamo intervistato Elisa Paganelli, illustratrice dei due activity book Colora e completa il tuo libro dei dinosauri e Colora e completa il tuo libro degli animali (entrambi scritti da Anton Poitier), in uscita da Fatatrac in questi giorni.
Come sono nati i due activity book “Colora e completa il tuo libro dei dinosauri” e “Colora e completa il tuo libro degli animali”?Il progetto è nato all’interno di una piccola casaeditrice inglese, I Seek Creative, che lavora anche per grandi gruppi editoriali britannici. Il team creativo ha avuto un’intuizione e, una volta sviluppato l’aspetto cartotecnico, è subentrata la necessità di accompagnarlo con illustrazioni dal tratto semplice ed efficace nel coinvolgimento del bambino, invitandolo ad interagire con un libro che si fa oggetto e che si trasforma proprio grazie al suo intervento. È qui che sono entrata in scena io con le mie illustrazioni.
Hai illustrato molti libri (narrativa e activity book) italiani e stranieri, puoi raccontarci il tuo metodo di lavoro a questo tipo di libro?Per questo progetto ho dovuto lavorare tenendo sempre presenti lo sviluppo tridimensionale e il movimento delle singole pagine. Quando si tratta di pop-up l’illustrazione deve andare a vestire una struttura predefinita e non sempre le forme a disposizione, con i loro limiti fisici, si sposano con l’idea di disegno che si potrebbe avere su due dimensioni. La sfida di dare un senso alle “sagome” è diventata presto un gioco stimolante. L’altro aspetto del lavoro è poi quello stilistico. Trattandosi non solo di un pop-up ma anche di un libro da colorare (detti “colouring book” in termini tecnici), è stato necessario lavorare sulla semplificazione del tratto. Per un illustratore la ricerca non si arresta mai, si intraprendono strade e si sviluppano stili in base al proprio sentire, spesso orientati al dettaglio ossessivo. Talvolta la richiesta è invece di spogliarsi per un momento di tutto ciò e ritornare all’origine, divertendosi come quando eravamo bambini, con una gestualità più libera.
Hai lavorato su molti testi di autori contemporanei, sia romanzi sia saggi: come cambia il tuo approccio in questi due casi? Quale interazione hai con gli autori?Confesso che il mio rapporto non è quasi mai subito con l’autore, quanto invece con le parole, con il testo e i protagonisti dei racconti. Amo la parola scritta, ha il potere di condurmi per mano altrove. Per riuscire a lavorare a una storia devo addentrarmici e conoscere da vicino i protagonisti, immaginare le loro vite, quasi sentire le stesse cose che sentono loro. L’immedesimazione è fondamentale per me. Una volta assaporata la storia inizia la ricerca, e il fatto di lavorare su grandi classici o autori illustri, porta inevitabilmente a voler omaggiare l’opera senza però risultare banale. Questa spesso è l’opportunità per studiare qualcosa che arricchisca la propria linea stilistica, al fine di discostarsi da ciò che è già stato creato. Magari si tratta di dettagli impercettibili per i più, ma che lasciano comunque un segno nel proprio percorso creativo.
Ti sei cimentata anche nell’illustrazione di un libro di storie e rime di Gianni Rodari: quanto ti hanno influenzato i lavori degli autori che ti hanno preceduto e la fama dell’autore?Sui banchi di scuola ricordo ancora l’ammirazione con cui la maestra ci presentava i testi di Rodari. Sono tanti i colleghi illustratori che hanno avuto l’onore di affiancare i suoi lavori e, quando è arrivato anche il mio turno, ho pensato solo che avrei voluto rendere omaggio ad uno degli autori della mia infanzia che tutt’oggi nutre la fantasia dei bambini. L’unico modo per farlo era non pensare alla sua fama, ma concentrarsi sulle parole: anche perché è impossibile non farsi trasportare dalle sue filastrocche divertenti. Devo dire che i personaggi sono balzati fuori dalla matita spontaneamente, senza chiedere permesso. Per quanto riguarda l’aspetto stilistico devo dire che io osservo sempre con curiosità ciò che mi circonda, e credo che tutto l’insieme di immagini e vita vada a costituire il tratto con cui lavoro e che cambia insieme a me giorno per giorno. Nel periodo in cui ho illustrato Le più belle storie e rime di Gianni Rodari per i piccoli per Edizioni EL, stavo cercando di alleggerire un po’ la palette di colori mantenendo comunque una certa vivacità, magari introducendo un tratto leggermente meno preciso.
Lavori molto con editori stranieri: come viene percepito il tuo lavoro all’estero, essere italiani o stranieri in generale è un vantaggio o un problema (per la lingua, i contatto lavorativi, la comunicazione solo via mail o skype, ecc.)?Il mio lavoro ha trovato riscontro soprattutto in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, e devo dire che ho notato sempre un gran rispetto per tutto ciò che va a costituire il processo di lavoro: dalle tempistiche ai compensi, fino all’aspetto creativo; inoltre portano anche pazienza quando talvolta capita di fare strafalcioni con una lingua, che per quanto ci si sforzi non è la nostra. Chiaramente si tratta di un lavoro che si svolge a distanza, prevalentemente attraverso scambio di email, e non ho un metro di paragone con quello che potrebbe essere il lavoro come dipendente all’interno delle stesse case editrici. Ovviamente per rapportarsi con l’estero l’inglese è d’obbligo e di tanto in tanto ho bisogno di fermarmi e verificare termini e modi di dire, soprattutto quando si tratta di romanzi più complessi. Questo è un ulteriore spunto formativo: avere uno scambio costante non fa che stimolare un arricchimento linguistico basato sulla pratica, a mio parere più efficace che il semplice studio teorico. Uno dei vantaggi degli scambi di email è che si ottimizza al massimo il tempo di lavoro e si è costretti a essere chiari e puntuali nello scambio di informazioni. Sebbene gran parte del lavoro si svolga in forma scritta, si riescono comunque a costruire rapporti umani e a respirare un po’ di quell’oltreconfine che spesso è raggiunto solo attraverso viaggi di piacere.
Raccontaci qual è stato il tuo percorso di illustratrice.Sono nata a Modena nel 1985, e fin dall’infanzia ho amato il profumo della carta, il disegno e il tradurre le parole in immagini. Ho frequentato l’Istituto d’Arte della mia città e il corso di illustrazione all’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino. Ho lavorato come Graphic Designer fin da giovane studente, ed è proprio dietro alla scrivania di un’agenzia di comunicazione che ho deciso di lasciare tutto per dare vita a “Teapot Graphic Design” nel 2008, Concept Store e design studio. L’idea di stare una vita intera dietro alla stessa scrivania, nella stessa azienda mi soffocava. Nonostante il successo dalla mia piccola impresa e alcuni riconoscimenti ricevuti, nel 2015 ho deciso di seguire il cuore e vendere lo store per dedicarmi appieno all’attività di illustratrice e direttore artistico, nella quiete della campagna con i miei assistenti a quattrozampe. Il mio percorso di illustratrice è iniziato forse prima che me ne rendessi conto. Ho ancora in soffitta alcuni temi delle scuole elementari ognuno accompagnato da almeno un disegno. Alle superiori questa mia abitudine è stata penalizzata con pessimi voti dalla professoressa di italiano, perciò ho riservato gli slanci creativi alle ore di progettazione grafica, dove ho avuto la fortuna di incontrare quella che considero la mia mentore: Antonella Battilani. Grazie a lei ho conosciuto il mondo dell’illustrazione per l’infanzia. Il mio stile è sempre stato legato a doppio filo con la grafica e per un periodo ho dato più spazio a quest’ultima, convinta di lasciar posto a chi nell’illustrazione fosse più talentuoso. Ero vicina ad artisti eccezionali ed era chiaro, almeno per me, che non avrei potuto competere. Mentre l’attività di direttore artistico e di designer erano la mia quotidianità e mi davano soddisfazione. Di tanto in tanto però il sogno faceva capolino e così, dopo qualche anno di stasi nel disegno, una volta ripresa in mano la matita non l’ho più mollata. Rimane l’estrema autocritica, motore anch’esso fondamentale per guardare avanti. Ci è voluto un po’ ma ho compreso che, come accade per tutte le arti espressive, il percorso di un illustratore e l’evoluzione del suo stile è un viaggio nel sé, ed è solo andando a fondo che si trova una fonte inesauribile di stimoli. Una fonte che va nutrita e che personalmente rinnovo osservando tutto ciò che mi circonda, con meraviglia: dall’alba che vedo ogni mattina, allo Zazen, dall’arte (Kuniyoshi, Tolouse Lautrec, Lucio Fontana…), al lavoro di colleghi bravissimi (Isabelle Arsenault, Sebastien Mourrain, Violeta Lopiz, Joana Concejo…), dai viaggi alle letture, dai racconti delle persone, e infine dalla natura, mia vera casa.